Sono poche le città italiane che nella mente suscitano tante emozioni nazionali. Certo, Roma è caput mundi, però è qualcosa che va oltre i confini Italici, così come Firenze e Venezia.
Torino invece è stata la città madre dell’unità nazionale - seppure con tutte le sue contraddizioni - e punto di partenza di tutto quello che rappresenta oggi lo stato italiano, nella politica, nella cultura, nell’industria e nell’economia. Da Torino sono partite le guerre d’indipendenza e senza il tacito assenso dei “torinesi” Garibaldi e suoi mille sarebbero restati a casa. Cuore industriale di un piccolo stato, Torino ha saputo amministrare bene i proventi derivati dalla prima rivoluzione industriale e molte grandi industrie nazionali sono partite con imprenditori o con capitali di quel territorio.
Le origini della città sono antichissime. Si parla di un primo insediamento nella zona, risalente al 350 a.c., di una popolazione Celto-Ligure, nota come i Taurini, con un villaggio, Taurinia, raso al suolo da Annibale appena passate le Alpi nel 218 a.C. Giulio Cesare edificò su questi resti l’antico presidio di Iulia Taurinorum, nel 58 a.C., che divenne Iulia Augusta Taurinorum, nel 28 a.C. Porta d’ingresso della Pianura Padana e baluardo del confine occidentale, fu teatro di molti scontri; pochi ricordano che fu nella Battaglia di Torino, tra Costantino e Massenzio, che nacque la leggenda “In Hoc Signo Vinces” (Con Questo Segno Vincerai) che narra di Costantino vincitore per merito di una scritta vista in cielo alla vigilia della battaglia. Sulla credibilità del fatto molti dubitano, ma nelle vicinanze di Torino, sul Monte Musinè, è stato edificato un grande monumento in ricordo del “miracolo”.
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Nei tempi più moderni Torino è vissuta abbastanza defilata dalle grande vicende d’Europa con il Gran Ducato di Savoia che ha trascorso secoli abbastanza tranquilli e in buona autonomia, mentre il suo Casato produsse Generali e mercenari che si coprirono di gloria in tutte le battaglie: epica, ai limiti della leggenda, fu il principe Eugenio di Savoia che, destinato alla carriera ecclesiastica, divenne il comandante dell’esercito degli Asburgo, praticamente vincendo tutte le battaglie in cui fu coinvolto. Fu Camillo Benso Conte di Cavour, industriale agrario e figlio di industriali che, da primo ministro del Regno di Sardegna, mandando i 15.000 bersaglieri in Crimea, fece per la prima volta affacciare alla finestra d’Europa il piccolo Stato iniziando il percorso che arrivò al Regno d’Italia nel 1861.
Torino visse i fasti della grande nobiltà e della grande Industria: Fiat, Lancia, Olivetti e le molteplici aziende tessili del biellese sono nate lungo il Po a cavallo dello scorso secolo e hanno contribuito al benessere nazionale e non solo locale. Il Lingotto è stato il simbolo, nel bene e nel male, dell’industria automobilistica italiana e di tutto quanto era ed è ad essa collegata. Tutto ha una fine e anche la Fabbrica Italiana Automobile Torino è diventata FCA emigrando in Olanda e Inghileterra ma con stabilimenti a Detroit. Così il 31 marzo scorso Torino ha ospitato l’ultima assemblea generale dei soci e la sede Legale si è trasferita.
Adesso la città capisce che non si vive di solo automobili e cerca di ricostruire il proprio territorio e la propria struttura sociale e ambientale. La città è stata la prima a varare gli incentivi locali per i veicoli alimentati a GPL e metano e in Piemonte le auto a gas non pagano il bollo per 5 anni. La città guarda avanti e non si perde d’animo. Torino ha fatto l’Italia, ha fatto la Fiat, a fatto scrivere a macchina tutti gli italiani e guarda adesso al futuro con trepidazione ma con coraggio…
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