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Editoriale
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Nuove
proposte vecchi problemi
Archiviata
anche questa tornata elettorale e in attesa delle regionali
dell’anno prossimo, approfittiamo di questi, pochi, mesi di
lavoro politico normale per cercare di affrontare e se possibile
risolvere, alcune questioni che riguardano l’economia derivante
dall’industria che gravita intorno alle auto ecologiche.
Un
principio ormai condiviso da tutti è che l’automobilista non fa
generalmente scelte ecologiche ma scelte economiche. Se la sua
scelta economica va nella direzione dell’ecologia benissimo, ma
nella maggioranza dei casi, salvo qualche raro meritorio caso
personale, prevale l’aspetto del risparmio di esercizio –
consumo e costo del carburante - o dello sconto all’acquisto –
incentivo - per acquistare un modello rispetto ad un altro. Se
questa scelta comporta un vantaggio economico personale, ha anche
un importante vantaggio ecologico per la collettività, che, di
fatto, è nell’interesse economico di tutti.
Dal lato del risparmio, il gas per
autotrazione – sia GPL sia metano – ha le carte in regola
perché il vantaggio economico personale è evidente. Un anno di
utilizzo di un’auto di media cilindrata alimentata a gas, invece
che a benzina, sposta almeno 1.000 euro verso altri consumi non
petroliferi e quindi è un vantaggio economico per tutti, a
prescindere dall’ecologia. E qui il governo dovrebbe soffermarsi
sul fatto che una diminuzione delle accise sui carburanti
ecologici sposterebbe una parte dei consumi verso questi
carburanti e quindi uno sblocco sostanzioso di risorse dai costi
di esercizio automobilistico ad altri consumi: turismo, cultura,
abbigliamento, ecc.
Dal lato degli incentivi il discorso è più
delicato. È nota a tutti la questione che, proprio in dirittura
d’arrivo, ha ridotto gli incentivi per la trasformazione a gas
delle auto di più recente fabbricazione, ciò a causa di un
maldestro intervento di chi non sapeva che il singolo importo era
neutrale per il bilancio dello stato essendo già stato definito
un fondo complessivo e già contabilizzato. Si trattava solo di
una svista su una questione tecnico-contabile, ma ora sta
assumendo anche il tono di una questione politico-strategica.
Infatti, negli ultimi giorni, sembra che
nel governo stia prevalendo la tesi che un aumento della platea
dei soggetti, a cui concedere gli incentivi per le trasformazioni
a GPL e metano, “rischi in concreto di vanificare del tutto
l’efficacia di una disposizione diretta ad assicurare
il rilancio dell’economia nazionale del settore automobilistico,
riducendone la portata positiva fin’ora conseguita”
(cfr. Ministero dell’Economia e delle Finanze, Ufficio
legislativo, protocollo 1E-6611, Esame del testo pag.12 Articolo
43 comma 3 ). Qui ci sarebbe molto da dire. Emerge che forse
potrebbe ridurre la portata per il rilancio dell’economia dell’industria
automobilistica nazionale (leggi FIAT) ma abbiamo dei seri
dubbi sul “generale”. Sicuramente
però limita la scelta del singolo utente e lo porta a preferire i
modelli nazionali, con l’impianto a gas installato
all’origine, rispetto ad una soggettiva scelta personale di
comprare un modello qualunque (anche estero), pur facendo in ogni
caso una rottamazione, per convertirlo a gas subito dopo averlo
comprato a prescindere dal modello di impianto raccomandato dal
concessionario, ovvero di scegliere liberamente una marca di
impianto a gas in base alle proprie esperienze e conoscenze e non
in base alla raccomandazioni del venditore. Si noti che il campo
delle installazioni e delle trasformazioni in after-market è
vastissimo e comprende anche il mondo del tuning con solide e
competenti industrie e altrettanto competenti officine di
installazione o trasformazione.
Questo esercizio di libera scelta
sposterebbe obiettivamente risorse dalla grande industria verso il
settore della PMI nazionale e della grande rete di attività
artigiane – officine di installazione – in gravissima crisi
proprio per effetto del grande sostegno dato alla FIAT-CRYSLER
(adesso dobbiamo chiamarla così).
Un’accusa
rivolta da più parti all’attività del governo per affrontare
la crisi è quella che si è aiutato prevalentemente il grande
settore finanziario e la grande industria a scapito delle piccole
attività. Duole ammettere che questa precisazione dell’ufficio
legislativo del Ministero va esattamente in questa direzione.
Il tessuto economico nazionale si basa in
massima parte sulla PMI e sull’artigianato in tutti i settori,
automobili comprese. La maggioranza della mano d’opera dipende
dalla PMI. Il tessuto sociale italiano è fortemente correlato
alla PMI e alle attività artigianali, se questi due comparti sono
penalizzati e si assottigliano, tutto il paese e tutta la sua
economia sprofonda. Le auto nuove, nazionali e non, le comprano in
ultima analisi, anche i dipendenti della PMI e gli artigiani. Se
queste persone non hanno i soldi perché questi due comparti non
hanno lavoro, queste auto rimarranno nei piazzali invendute a
prescindere dai lodevoli intenti di aiutare l’industria
automobilistica italiana, anzi, italo-americana.
La prova?
Le trasformazioni a gas in after-market di auto a gas nel mese di
febbraio (incentivi come da decreto originario)
sono state 19.624. Nel mese di maggio, con gli incentivi
modificati per “assicurare
il rilancio dell’economia nazionale del settore
automobilistico”, le trasformazioni in after-market sono
state 11.295: il 42% in meno. Bel rilancio!
Ugo Nazzarro
Se avete commenti o volete scrivere
al direttore:
direttore@ecomobile.it
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N. 82 Mar - Apr. 2009
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