I
greci chiamavano Europa le terre non ben definite a
nord del mediterraneo; poco si sapeva di quelle popolazioni
“barbare” che l’abitavano oltre le Alpi o il Danubio e mai è
emerso che i Greci o i Romani si definissero europei. Fino al
IV-V secolo d.C. l’Europa era solo un vago concetto geografico
oltre ad essere il nome di una mitica giovane amante di Giove.
Solo nel 700 apparve per la prima volta un riferimento preciso
con un monaco (Isidoro Pacensis, ma il nome non è certo)
che chiamò “Europenses” le truppe di Carlo Martello
che a Pointers fermarono l’avanza araba. Questo è un riferimento
importante e simbolico che in seguito Carlo Magno
spese bene nella sua visione continentale del suo regno
multietnico unito da un’unica cultura, legge, lingua e
scrittura.
Per altri 1000 anni l’Europa è stata solo un grande campo di
battaglia con sovrani che cambiavano alleanze ogni stagione e
dove sono nati e si sono consolidati, lingue, costumi e
tradizioni che spesso hanno fomentato più odio che tolleranza.
La Chiesa e la religione in qualche modo, sotto la comune
identità cristiana, ha cercato di unire almeno le anime se non i
corpi, ma anche qui non si sono raggiunti grandi risultati.
Bisogna arrivare a Napoleone per riparlare d’Europa, poi la
voglia di supremazia degli “imperi centrali” sfociò in due
sanguinose guerre lasciando, nel 1945, un continente sanguinante
e pacificato solo grazie alle armi americane e la volontà
egemonica del comunismo sovietico.
Cosa fare per evitare altri simili disastri visto che le bombe
atomiche su Giappone disegnavano scenari apocalittici per altri
conflitti continentali? I tempi erano maturi: con la Germania
molto debole, Francia e Inghilterra impegnate a liberarsi delle
proprie colonie e l’Italia governata dal Papa (pardon, dalla
Democrazia Cristiana) si pensò che un buon sistema fosse di
mettere in comune l’acciaio con cui si costruiscono le armi.
Nacque nel 1951 la Comunità Economica del Carbone e
dell’Acciaio (CECA) e da lì la via è stata in discesa con il
Patto di Roma, la CEE e, alla fine l’Unione
Europea. Tutto con i migliori intenti e con il desiderio di
evitare altri conflitti, ma forse proprio in questa, per quanto
meritevole motivazione, è il proprio limite. L’Europa Unita ha
fatto e fa fatica ad avere una sua identità politica e
culturale, forse non l’avrà mai perché sono più quelle che
dividono che quelle che uniscono le caratteristiche tra il
Portogallo e, per esempio, la Svezia o tra l’Italia e i Paesi
Baltici. Se non esiste un Governo Unico o veramente un’unica
banca - come si dice spesso di “ultima istanza” cioè che
garantisca i greci come gli olandesi – l’Europa sarà vista come
una entità imposta e non voluta. Per non parlare poi dell’Euro
che, partito con grandi speranze ha dato si dei benefici, ma ha
creato molti problemi. Forse c’è stato un difetto di
comunicazione e molti uomini politici cavalcano il malcontento
popolare che ha molte origini e non sempre imputabili all’Euro o
all’Europa.
Comunque adesso si vota per il parlamento Europeo. Questo
abbiamo e questo ci teniamo. Impensabile ipotizzare un’uscita
unilaterale dall’Euro o dall’Europa perche ci troveremmo
indietro di 40 anni unici poveri in un continente ricco. La
democrazia elettiva è l’unica arma che hanno i cittadini per
fare sentire la propria voce. Di solito le grande nazioni non
nascono in una generazione. Quando nacquero gli Stati Uniti
d’America il paese era una specie di unione tra un insieme di
entità geografiche indefinite che dopo 100 anni dalla nascita ha
subito una frattura e una guerra civile sanguinosissima. Ci sono
voluti altri 100 anni per arrivare a una vera Unione e così
dicasi dell’Inghilterra, la Germania e la stessa Italia che
ancora non si sente unita più di tanto. Speriamo che non vinca
la sterile protesta o l’inutile non voto. Per il resto, come si
visto in Italia, anche i comici hanno libertà di parola.